lunedì 12 maggio 2008

Incidenti sul lavoro: imprenditore condannato

Dovrà scontare 1 anno di carcere e pagare circa 255 mila euro, l'imprenditore di Gera Lario Miro Spelzini, che nel marzo del 2002 ha abbandonato, sul ciglio di una strada presso Nuovo Olono, Abdessalem Slassi, operaio marocchino irregolare, rimasto gravemente infortunato a seguito di un incidente sul lavoro verificatosi presso un capannone di Villatico di Colico.



Si è concluso repentinamente e inaspettatamente persino per gli stessi legali, il processo riguardante uno degli incidenti sul lavoro più emblematici degli ultimi anni, oggetto persino di dibattiti e trasmissioni televisive, l'ultima solo pochi giorni fa ad opera di Giovanni Minoli. Dovrà scontare 1 anno di carcere e pagare una provvisionale di circa 255 mila euro, l'imprenditore di Gera Lario Miro Spelzini, 33 anni, che nel marzo del 2002 insieme al padre Donato, recentemente deceduto, ha abbandonato, sul ciglio di una strada presso Nuovo Olono, Abdessalem Slassi, operaio marocchino irregolare, rimasto gravemente infortunato a seguito di un incidente sul lavoro verificatosi presso un capannone di Villatico di Colico. Questo quanto deciso dal giudice Massimiliano Magliacani, al termine di un udienza che avrebbe dovuto registrare l'ennesima sfilata di testi.

Invece, così non è stato perché, contrariamente ai pronostici che ipotizzavano una strategia difensiva volta ad avvicinare con il rinviarsi delle udienze il termine di prescrizione del reato, gli avvocati di Spelzini, Fumagalli e Sartori del foro di Lecco, hanno rinunciato all'audizione di 3 testi. Piacevolmente sorpreso l'avvocato Luca Musso di Lecco, difensore di parte civile per Slassi e per i sindacati Fillea Cgil Lecco, Feneal Uil Lecco e Fillea Cgil Lombardia, che ha anch'egli rinunciato ad ascoltare i tre testimoni. A deporre dunque in aula solo due testi: per l'accusa l'allora tecnico per la prevenzione degli incidenti sul lavoro dell'ASL, Elda P., e per la parte civile il consulente medico legale Giorgio L.

La prima ha raccontato del suo intervento a seguito dell'infortunio, che vide Abdessalem, intento ad effettuare la rimozione di alcune lastre di eternit dal tetto della struttura, sfondare con il suo peso una delle lastre di copertura, precipitando di circa 5 metri prima di stramazzare al suolo. La dottoressa, come molti prima di lei, ha spiegato come fosse evidente lo squarcio sul tetto della struttura, e come fosse altrettanto ovvio e maldestro il tentativo di nasconderlo con una lastra dello stesso materiale, modificando lo stato dei luoghi successivi all'incidente, anche installando alcuni ponteggi al di sotto del punto di caduta, dissimulando così la reale dinamica dei fatti, e tentando di indurre tecnici e forze dell'ordine che alcune precauzioni fossero state prese in termini di sicurezza. Fossero davvero stati lì al momento della caduta, ha in ogni caso spiegato Elda P., i ponteggi non sarebbero stati una misura di sicurezza adeguata per limitare la caduta, sarebbero state invece necessarie delle cinture di protezione. La dott.sa ha inoltre spiegato come l'infortunato, da successive verifiche, non risultasse "a libri", e di come si stesse operando senza alcuna precauzione alla rimozione dell'amianto.

Ha riferito invece circa il decorso medico di Slassi, il dott. Giorgio L., medico legale presso l'ospedale di Como. Il perito ha parlato ai magistrati, ancora una volta, delle gravissime condizioni in cui l'uomo versava a seguito della caduta dal tetto, delle molteplici fratture riportate, e dell'operazione d'urgenza eseguita presso l'ospedale di Gravedona che gli permise sì di salvarsi, ma che lo costrinse in coma vegetativo per due mesi. Traumi di cui ancora oggi porta gli evidenti segni, sul fisico, sulle ormai ridotte capacità di movimento e di favella, che hanno portato l'INAIL a riconoscergli un'invalidità permanente del 60%. Conclusa la testimonianza, si è immediatamente passati alla discussione, senza ulteriori rinvii.

Il PM odierno, dott.sa Clerici, ha considerato provate le lesioni gravi e le inadempienze in termini di sicurezza dei lavori eseguiti per conto degli Spelzini presso il capannone, chiedendo per Miro la condanna a 6 mesi di carcere. Duro l'avvocato Musso, che ha chiesto la condanna penale dell'imputato per lesioni gravissime, per la violazione plurima delle norme sulla sicurezza, e per la condotta successiva al fatto, in particolare il tentativo di dissimulare l'infortunio, trasportando lo Slassi lontano dal capannone, e la tentata corruzione dell'infortunato, con l'offerta di un permesso di soggiorno, affinché egli non svelasse quanto realmente accaduto. Per il danno biologico e morale, l'avv. Musso ha chiesto una provvisionale complessiva di 558 mila euro circa per Slassi e di 2 mila euro per i sindacati che l'hanno assistito. I legali Fumagalli e Sartori, difensori dell'imputato, hanno puntato la loro tesi sulla non dimostrata posizione di direttore dei lavori, e quindi di responsabile della sicurezza, di Miro. Egli sarebbe stato solo un coordinatore degli operai, per conto dell'ormai defunto padre, a cui sarebbe ascrivibile la responsabilità di quanto accaduto. Per quanto riguarda i risarcimenti, gli avvocati hanno definito non concepibile la costituzione parte civile dei sindacati, e hanno giudicato come già risarciti dall'INAIL i danni biologici ed esistenziali.

Posizione non sposata dal dott. Magliacani, che ha condannato Miro Spelzini ad un anno di carcere, al pagamento delle spese processuali, e a 249.152 euro di provvisionale ad Abdessalem Slassi, nonché a 2600 euro in favore dei di Fillea Cgil, Feneal Uil Lecco e Fillea Cgil Lombardia, e ad altri 2500 di spese legali per la costituzione di parte civile.
Estremamente soddisfatto della sentenza Slassi, che pur non comprendendo a fondo l'intera sentenza, al termine dell'udienza sfoggiava un raggiante sorriso. Altrettanto soddisfatto il Segretario generale della Fillea Cgil Lecco, Massimo Cannella. "E' un processo durato ben 6 anni - ha spiegato -, siamo molto soddisfatti, nonostante le lungaggini e il tortuoso percorso che ha avuto la vicenda, la conclusione rende dignità e giusta chiarezza alla vicenda. E' stato individuato chi ha causato danni gravissimi a un lavoratore giunto qui per lavorare a due euro l'ora, senza formazione e protezioni. Si è trattato di un infortunio gravissimo, ci sono voluti 6 anni per veder riconosciuta la verità. Un nodo rimane però scoperto, non è possibile attendere tutto questo tempo per una causa sul lavoro. Riteniamo che oggi le normative sulle morti bianche ci siano, ma i problemi riguardano la loro applicazione e le lungaggini dei processi. Se non avesse avuto alle spalle organizzazioni sindacali che la sostenevano, la vicenda di Slassi sarebbe passata sotto silenzio".

I 2600 euro accordati dal giudice ai sindacati sono solo un riconoscimento simbolico. "Per noi è una sentenza pilota - prosegue Massimo Cannella -, abbiamo dovuto lottare molto per farci riconoscere come parte civile nel 2002, mentre ora è normale".

Non si conclude qui la querelle giudiziaria per Miro Spelzini. Per il prossimo 17 giugno è fissata l'udienza che lo vede imputato presso il Tribunale di Sondrio, sede di Morbegno, per quanto riguarda la simulazione di reato susseguente al trasporto dello Slassi a Nuovo Olono a seguito dell'infortunio.

(autore Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza)

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